martedì 13 dicembre 2011

Civitella del Tronto, La Fortezza.


Civitella del Tronto, la Fortezza.

La nascita del borgo è fatta risalire al periodo dell’“incastellamento”( IX-X sec), quando, per sfuggire alle razzie barbariche, le popolazioni cercavano luoghi meglio difendibili, come lo sperone roccioso su cui è sorta “Tibidella”: così il posto risulta chiamarsi, in latino pedestre, in un rogito notarile del 1001, anche se alcune fonti indicano che Civitella sia stata edificata là dove un tempo fiori l’antica Berega, città federata dei Romani, annoverata fra i grossi centri del Pretuzio, insieme a Interamnia (Teramo) e Castrum (Giulianova). Il nobile Gualtiero, rinchiuso dal conte di Loretello nel carcere di Civitella, nel 1069, segno dell’esistenza di una prima struttura fortificata che, da castello e rocca, si trasformerà poi, alla fine del XIII sec., per via della posizione geografica e dalla natura aspra dei luoghi, in  fortezza. Decisione presa dagli Angioini, dominatori del Sud Italia, e dai papalini di posizionare a pochi chilometri da Civitella il confine fra Regno di Napoli e il nascente Stato pontificio.

La Fortezza, così come strutturata oggi, nasce comunque più tardi, esattamente a partire dal 1559 (dopo, quindi, la vittoriosa resistenza ai soldati francesi capitanati dal Duca di Guisa), sotto il regno di Filippo II di Spagna: le preesistenti fortificazioni angioine ed aragonesi vengono completamente demolite in quanto superate dalle nuove tecniche militari d’assedio (l’uso, cioè, dei cannoni) che necessitavano, come risposta, di mura di cinta molto spesse ed inclinate per attutire l’azione dirompente della palla di ferro. Molti sono gli episodi d’”arme” che hanno visto per protagonista Civitella, ma quello che è passato alla storia è la sfortunata difesa sostenuta contro i Piemontesi di Vittorio Emanuele II, protesi al raggiungimento dell’unità d’Italia; la guarnigione si arrese solo il 20 Marzo 1861, dopo che a Torino, 3 giorni prima alle ore 11, veniva inaugurato il primo Parlamento nazionale. Anche per cancellare la memoria storica del nostro paese, l’esercito sabaudo - a freddo - cominciò l’opera di smantellamento della struttura che, abbandonata per più di 100 anni, è tornata alla luce dopo lunghi lavori di restauro, iniziati negli anni settanta ed ultimati nel 1983.

La Fortezza di Civitella del Tronto è una delle opere di ingegneria militare più imponenti sorte sul territorio italiano; con i suoi oltre 500 metri di lunghezza e i 25.000 metri quadrati di superficie complessiva, la struttura rappresentava un baluardo insormontabile per i nemici ai confini settentrionali dei vari Reami napoletani. Dal punto di vista architettonico il Forte di Civitella può essere suddiviso in due parti: una più prettamente difensiva, una seconda abitativa: ovviamente quando parliamo di parte abitativa intendiamo riferirci esclusivamente ai militari e non a civili, dovendosi considerare la Fortezza un enorme contenitore di soldati, pronti ad accorrere in caso di pericolo sugli spalti delle mura di cinta del sottostante paese e difendendosi dall’alto con l’uso delle batterie di cannoni. La parte difensiva era concentrata tutta sul versante est del Forte, quello cioè meno aspro naturalmente e quindi più esposto agli attacchi all’arma bianca da parte del nemico. Tale difesa si organizzava con una sequenza di tre camminamenti coperti che rappresentavano degli imbuti dove gli assalitori dovevano necessariamente passare se avessero voluto conquistare la Fortezza. Sotto i camminamenti un manipolo di difensori, dal numero progressivamente decrescente man mano che si saliva verso l’acropoli, presidiava la rampa vicina e impediva, con un fuoco di sbarramento dalle feritoie, che gli assaltatori che avessero preso le postazioni precedenti potessero ulteriormente procedere. Strutturalmente il primo camminamento coperto si caratterizzava per la presenza di un fossato, sovrastato da un ponte parzialmente levatoio, da un enorme camino per il riscaldamento delle sentinelle e da una scala a chiocciola in travertino che permetteva la rapida ascesa verso la batteria dei cannoni posizionata sopra il bastione. Fra il primo ed il secondo trinceramento era posizionato il “calabozo del coccodrillo”,era la cella di rigore, di punizione di aragonesca memoria dove la dicitura “del coccodrillo” si riconduceva alla forma di tortura del prigioniero che si vedeva allagare la stanza fino all’altezza del proprio collo. Varcato il secondo camminamento coperto si entra nella prima piazza del Forte, denominata del Cavaliere da una vecchia leggenda, piazzale utilizzato per l’addestramento delle truppe, ovviamente in tempo di pace mentre in caso di assedio questa piazza integrava i camminamenti nella difesa del versante est in quanto il nemico, pur riuscendo eventualmente ad entrarci, si trovava sottoposto al fuoco di fiancheggiamento dagli spalti superiori senza possibilità di nascondersi. In questo sito, fino al 1861, campeggiava un monumento marmoreo funebre dedicato a Matteo Wade, eroico comandante di origine irlandese della Fortezza nel 1806 durante l’assedio sostenuto contro i francesi di Gioacchino Murat, fatto erigere da Francesco I e posizionato qui nel 1829: purtroppo l’esercito piemontese con lo scopo di farne bottino di guerra lo smontò e lo portò con se e, solo dopo molti anni, da Ancona tornò a Civitella; oggi lo si ammira in Largo Rosati, lungo il Corso principale del sottostante paese. La parte difensiva della Fortezza si completava con il terzo camminamento coperto, varcato il quale la stessa si poteva considerare conquistata. Entriamo, nella seconda parte del monumento, la caserma vera e propria. Subito si può notare la cappellina dedicata a S.Barbara, la protettrice degli artiglieri, la Campana Faro, ricordo dei caduti nelle due ultime guerre mondiali. Si giunge così alla seconda piazza d’armi, quella che ogni giorno veniva utilizzata per la cerimonia dell’alzabandiera. In questa seconda piazza c’è il primo enorme serbatoio. Lasciando la piazza si sfilano, i resti degli uffici e delle furerie i grandi magazzini viveri. Giunti all’acropoli, nel punto più alto della Fortezza a 650 mt. s.l.m., possiamo immediatamente notare la magnifica visuale e il colpo d’occhio d’intorno. Questa è l’ultima piazza del Forte, la “Gran Piazza” come veniva chiamata proprio perché quella di maggior superficie; qui ritroviamo la seconda cisterna per la raccolta dell’acqua piovana. Nel punto più alto era ubicato il comando della Fortezza, rappresentato materialmente dal Palazzo del Governatore. La presenza del Governatore militare si spiegava con l’esigenza degli spagnoli di controllare in prima persona, senza delegare ai poco fidati funzionari italiani, il controllo di questa zona di confine. Il palazzo, inaugurato nel 1574, era un enorme edificio con i suoi due piani e un sottotetto; all’interno c’era tutto ciò che lo potesse rendere autonomo rispetto al resto del complesso militare ossia propri magazzini viveri, proprio panificio, propria cisterna . Notazione interessante è che questa ubicazione del Palazzo nel punto più alto dimostra la concezione rinascimentale del complesso: la filosofia costruttiva alla base era quella di rendere visibile a tutti il potere della Spagna nella zona, esemplificato dalla presenza del Governatorato. Lo stretto connubio fra potere politico-militare e religioso (presente sempre negli Spagnoli, ferventemente cattolici) si sostanziava con la presenza, accanto al Palazzo del Governatore, della più importante Chiesa del Forte, quella di S. Giacomo. Terminata nel 1604 fu dedicata a S. Giacomo della Marca. Usciti nuovamente all’aperto ed infiltratisi poi nel pertugio che passa sotto il Palazzo del Governatore arriviamo nel locale ubicato sotto la Chiesa. I siti che si percorrono erano un tempo tutti magazzini coperti, collegati con quelli situati sotto la Gran Piazza. La spiegazione risiede nella necessità di mettere in contatto tutti questi locali con l’uscita secondaria dal Forte, posizionata qui affinché si potesse uscire e arrivare - nel più breve tempo possibile - alla Montagna dei Fiori per rifornirsi di bestiame e, soprattutto, di legname, fondamentale elemento naturale utilizzato sia per la combustione sia come materiale da costruzione. Il fatto che si andasse a prendere la legna così lontano dalla Fortezza risiedeva nel fatto che nelle vicinanze della fortificazione era assolutamente vietato piantare alberi che potessero ostruire la visuale ai difensori per cui in un raggio di qualche chilometro c’era assoluta mancanza di vegetazione. Fuoriusciti dai magazzini si entra nel Corso principale, la via dove si svolgeva la vita extra militare del Forte. Quelli che si vedono dinanzi a noi sono i resti degli alloggiamenti della guarnigione (per dare un’idea del numero di soldati , basti ricordare che al momento della resa definitiva, nel 1861, erano presenti 513 uomini); quelli sulla destra, ad un piano, erano destinati alla truppa mentre quelli di sinistra a due piani non comunicanti ai sottufficiali. All’inizio di questo viale è possibile notare la presenza del panificio e, a terra, della pavimentazione originale, molto meglio conservata nonostante gli anni di quella  delle piazze. A proposito di pavimentazione è utile ricordare che tutto il Forte è stato sempre pavimentato, a differenza delle strade del paese sottostante in terra battuta, proprio per la necessità di convogliare nelle cisterne l’acqua piovana. Al centro del Corso è visibile la quarta cisterna, Trasferendoci sui camminamenti di ronda di meridione, si arriva alla parte terminale della Fortezza, non prima di aver potuto vedere dall’alto il canale di convoglio delle solite acque piovane alle latrine e la falsabraga (fossato difensivo sopra il paese) . Dalla balconata una suggestiva visuale ci permette di ammirare la particolare urbanistica del paese sottostante, con edifici digradanti quasi fossero tanti antemurali della Fortezza. Ripercorrendo a ritroso il viale finale del Forte che, un tempo, conteneva, oltre alla cisterna, alcuni alloggiamenti e la Cappella del Carmine, distrutti e non più ricostruiti da una esplosione di una polveriera colpita da un fulmine ai primi dell’ottocento. Percorso questo spazio, oggi alberato, ci si ritrova davanti ai locali di servizio del Forte. Sotto abbiamo il Gran Magazzino dell’Artiglieria, luogo deputato al deposito dei cannoni soprattutto d’inverno per ripararli dalle intemperie meteorologiche, sopra abbiamo i locali che ospitavano le cucine e le mense per i soldati.

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