Civitella del
Tronto, la Fortezza.
La nascita del borgo è
fatta risalire al periodo dell’“incastellamento”( IX-X sec), quando, per
sfuggire alle razzie barbariche, le popolazioni cercavano luoghi meglio
difendibili, come lo sperone roccioso su cui è sorta “Tibidella”: così il posto
risulta chiamarsi, in latino pedestre, in un rogito notarile del 1001, anche se
alcune fonti indicano che Civitella sia stata edificata là dove un tempo fiori
l’antica Berega, città federata dei Romani, annoverata fra i grossi centri del
Pretuzio, insieme a Interamnia (Teramo) e Castrum (Giulianova). Il nobile
Gualtiero, rinchiuso dal conte di Loretello nel carcere di Civitella, nel 1069,
segno dell’esistenza di una prima struttura fortificata che, da castello e
rocca, si trasformerà poi, alla fine del XIII sec.,
per via della posizione geografica e dalla natura aspra dei luoghi, in fortezza. Decisione
presa dagli Angioini, dominatori del Sud Italia, e dai papalini di posizionare
a pochi chilometri da Civitella il confine fra Regno di Napoli e il nascente
Stato pontificio.
La Fortezza, così come
strutturata oggi, nasce comunque più tardi, esattamente a partire dal 1559
(dopo, quindi, la vittoriosa resistenza ai soldati francesi capitanati dal Duca
di Guisa), sotto il regno di Filippo II di Spagna: le preesistenti
fortificazioni angioine ed aragonesi vengono completamente demolite in quanto
superate dalle nuove tecniche militari d’assedio (l’uso, cioè, dei cannoni) che
necessitavano, come risposta, di mura di cinta molto spesse ed inclinate per
attutire l’azione dirompente della palla di ferro. Molti sono gli episodi
d’”arme” che hanno visto per protagonista Civitella, ma quello che è passato
alla storia è la sfortunata difesa sostenuta contro i Piemontesi di Vittorio
Emanuele II, protesi al raggiungimento dell’unità d’Italia; la guarnigione si
arrese solo il 20 Marzo 1861, dopo che a Torino, 3 giorni prima alle ore 11,
veniva inaugurato il primo Parlamento nazionale. Anche per cancellare la
memoria storica del nostro paese, l’esercito sabaudo - a freddo - cominciò
l’opera di smantellamento della struttura che, abbandonata per più di 100 anni,
è tornata alla luce dopo lunghi lavori di restauro, iniziati negli anni
settanta ed ultimati nel 1983.
La Fortezza di
Civitella del Tronto è una delle opere di ingegneria militare più imponenti
sorte sul territorio italiano; con i suoi oltre 500 metri di lunghezza e i
25.000 metri quadrati di superficie complessiva, la struttura rappresentava un
baluardo insormontabile per i nemici ai confini settentrionali dei vari Reami
napoletani. Dal punto di vista architettonico il Forte di Civitella può essere
suddiviso in due parti: una più prettamente difensiva, una seconda abitativa:
ovviamente quando parliamo di parte abitativa intendiamo riferirci esclusivamente
ai militari e non a civili, dovendosi considerare la Fortezza un enorme
contenitore di soldati, pronti ad accorrere in caso di pericolo sugli spalti
delle mura di cinta del sottostante paese e difendendosi dall’alto con l’uso
delle batterie di cannoni. La parte difensiva era concentrata tutta sul
versante est del Forte, quello cioè meno aspro naturalmente e quindi più
esposto agli attacchi all’arma bianca da parte del nemico. Tale difesa si
organizzava con una sequenza di tre camminamenti coperti che rappresentavano
degli imbuti dove gli assalitori dovevano necessariamente passare se avessero
voluto conquistare la Fortezza. Sotto i camminamenti un manipolo di difensori,
dal numero progressivamente decrescente man mano che si saliva verso
l’acropoli, presidiava la rampa vicina e impediva, con un fuoco di sbarramento
dalle feritoie, che gli assaltatori che avessero preso le postazioni precedenti
potessero ulteriormente procedere. Strutturalmente il primo camminamento
coperto si caratterizzava per la presenza di un fossato, sovrastato da un ponte
parzialmente levatoio, da un enorme camino per il riscaldamento delle
sentinelle e da una scala a chiocciola in travertino che permetteva la rapida
ascesa verso la batteria dei cannoni posizionata sopra il bastione. Fra il
primo ed il secondo trinceramento era posizionato il “calabozo del coccodrillo”,era
la cella di rigore, di punizione di aragonesca memoria dove la dicitura “del
coccodrillo” si riconduceva alla forma di tortura del prigioniero che si vedeva
allagare la stanza fino all’altezza del proprio collo. Varcato il secondo
camminamento coperto si entra nella prima piazza
del Forte, denominata del Cavaliere da una vecchia leggenda, piazzale
utilizzato per l’addestramento delle truppe, ovviamente in tempo di pace mentre
in caso di assedio questa piazza integrava i camminamenti nella difesa del
versante est in quanto il nemico, pur riuscendo eventualmente ad entrarci, si
trovava sottoposto al fuoco di fiancheggiamento dagli spalti superiori senza
possibilità di nascondersi. In questo sito, fino al 1861, campeggiava un
monumento marmoreo funebre dedicato a Matteo Wade, eroico comandante di origine
irlandese della Fortezza nel 1806 durante l’assedio sostenuto contro i francesi
di Gioacchino Murat, fatto erigere da Francesco I e posizionato qui nel 1829:
purtroppo l’esercito piemontese con lo scopo di farne bottino di guerra lo
smontò e lo portò con se e, solo dopo molti anni, da Ancona tornò a Civitella;
oggi lo si ammira in Largo Rosati, lungo il Corso principale del sottostante
paese. La parte difensiva della Fortezza si completava con il terzo
camminamento coperto, varcato il quale la stessa si poteva considerare
conquistata. Entriamo, nella seconda parte del monumento, la caserma vera e
propria. Subito si può notare la cappellina dedicata a S.Barbara, la
protettrice degli artiglieri, la Campana Faro, ricordo dei caduti nelle due
ultime guerre mondiali. Si giunge così alla seconda piazza d’armi, quella che
ogni giorno veniva utilizzata per la cerimonia dell’alzabandiera. In questa
seconda piazza c’è il primo enorme serbatoio. Lasciando la piazza si sfilano, i
resti degli uffici e delle furerie i grandi magazzini viveri. Giunti
all’acropoli, nel punto più alto della Fortezza a 650 mt. s.l.m., possiamo
immediatamente notare la magnifica visuale e il colpo d’occhio d’intorno.
Questa è l’ultima piazza del Forte, la “Gran Piazza” come veniva chiamata
proprio perché quella di maggior superficie; qui ritroviamo la seconda cisterna
per la raccolta dell’acqua piovana. Nel punto più alto era ubicato il comando
della Fortezza, rappresentato materialmente dal Palazzo del Governatore. La
presenza del Governatore militare si spiegava con l’esigenza degli spagnoli di
controllare in prima persona, senza delegare ai poco fidati funzionari
italiani, il controllo di questa zona di confine. Il palazzo, inaugurato nel
1574, era un enorme edificio con i suoi due piani e un sottotetto; all’interno
c’era tutto ciò che lo potesse rendere autonomo rispetto al resto del complesso
militare ossia propri magazzini viveri, proprio panificio, propria cisterna .
Notazione interessante è che questa ubicazione del Palazzo nel punto più alto
dimostra la concezione rinascimentale del complesso: la filosofia costruttiva
alla base era quella di rendere visibile a tutti il potere della Spagna nella
zona, esemplificato dalla presenza del Governatorato. Lo stretto connubio fra
potere politico-militare e religioso (presente sempre negli Spagnoli,
ferventemente cattolici) si sostanziava con la presenza, accanto al Palazzo del
Governatore, della più importante Chiesa del Forte, quella di S. Giacomo.
Terminata nel 1604 fu dedicata a S. Giacomo della Marca. Usciti nuovamente
all’aperto ed infiltratisi poi nel pertugio che passa sotto il Palazzo del
Governatore arriviamo nel locale ubicato sotto la Chiesa. I siti che si
percorrono erano un tempo tutti magazzini coperti, collegati con quelli situati
sotto la Gran Piazza. La spiegazione risiede nella necessità di mettere in
contatto tutti questi locali con l’uscita secondaria dal Forte, posizionata qui
affinché si potesse uscire e arrivare - nel più breve tempo possibile - alla
Montagna dei Fiori per rifornirsi di bestiame e, soprattutto, di legname,
fondamentale elemento naturale utilizzato sia per la combustione sia come
materiale da costruzione. Il fatto che si andasse a prendere la legna così
lontano dalla Fortezza risiedeva nel fatto che nelle vicinanze della
fortificazione era assolutamente vietato piantare alberi che potessero ostruire
la visuale ai difensori per cui in un raggio di qualche chilometro c’era
assoluta mancanza di vegetazione. Fuoriusciti dai magazzini si entra nel Corso
principale, la via dove si svolgeva la vita extra militare del Forte. Quelli
che si vedono dinanzi a noi sono i resti degli alloggiamenti della guarnigione
(per dare un’idea del numero di soldati , basti ricordare che al momento della
resa definitiva, nel 1861, erano presenti 513 uomini); quelli sulla destra, ad
un piano, erano destinati alla truppa mentre quelli di sinistra a due piani non
comunicanti ai sottufficiali. All’inizio di questo viale è possibile notare la
presenza del panificio e, a terra, della pavimentazione originale, molto meglio
conservata nonostante gli anni di quella delle piazze. A proposito di pavimentazione è
utile ricordare che tutto il Forte è stato sempre pavimentato, a differenza
delle strade del paese sottostante in terra battuta, proprio per la necessità
di convogliare nelle cisterne l’acqua piovana. Al centro del Corso è visibile
la quarta cisterna, Trasferendoci sui camminamenti di ronda di meridione, si
arriva alla parte terminale della Fortezza, non prima di aver potuto vedere
dall’alto il canale di convoglio delle solite acque piovane alle latrine e la
falsabraga (fossato difensivo sopra il paese) . Dalla balconata una suggestiva
visuale ci permette di ammirare la particolare urbanistica del paese
sottostante, con edifici digradanti quasi fossero tanti antemurali della
Fortezza. Ripercorrendo a ritroso il viale finale del Forte che, un tempo,
conteneva, oltre alla cisterna, alcuni alloggiamenti e la Cappella del Carmine,
distrutti e non più ricostruiti da una esplosione di una polveriera colpita da
un fulmine ai primi dell’ottocento. Percorso questo spazio, oggi alberato, ci
si ritrova davanti ai locali di servizio del Forte. Sotto abbiamo il Gran
Magazzino dell’Artiglieria, luogo deputato al deposito dei cannoni soprattutto
d’inverno per ripararli dalle intemperie meteorologiche, sopra abbiamo i locali
che ospitavano le cucine e le mense per i soldati.